L’8 marzo, Giornata Internazionale della Donna, rappresenta un momento cruciale per la mobilitazione contro le politiche regressive del governo Meloni, che stanno attaccando frontalmente i diritti delle donne, delle persone LGBTQ+ e dei migranti. La leadership femminile di Meloni, lungi dal rappresentare un avanzamento per i diritti delle donne, si è rivelata un paradosso che maschera una politica reazionaria e conservatrice.
I governi e le grandi imprese cercano di scaricare il peso sulle spalle della classe lavoratrice e dei settori più oppressi. Si assiste ad attacchi ai diritti, concretizzati in riforme del lavoro e delle pensioni che colpiscono soprattutto le donne, precarizzazione, licenziamenti, tagli alla sanità, all’istruzione e a ciascuno dei nostri diritti. Questa offensiva reazionaria si appoggia su un’ideologia profondamente conservatrice, sostenuta materialmente dalle Chiese, e su una nuova offensiva ultraliberale del capitale.
In questo contesto, figure come Giorgia Meloni, Ursula von der Leyen, Alice Weidel incarnano un paradosso: donne al potere che, con le loro politiche, perpetuano e rafforzano le disuguaglianze e le oppressioni. Dietro un volto femminile, si nasconde un’agenda che attacca i diritti sociali, smantella il sistema di welfare e promuove politiche discriminatorie contro le persone LGBTQ+ e i migranti.
Le politiche del governo Meloni sono caratterizzate da un chiaro regresso nei diritti delle donne e delle persone LGBTQ+. L’indebolimento della legge 194 sull’aborto, con un aumento dell’obiezione di coscienza tra il personale sanitario, ha reso più difficile l’accesso all’interruzione di gravidanza. Proposte come il “Fondo vita nascente” e la “stanza anti-aborto” hanno ulteriormente limitato l’autodeterminazione delle donne, rafforzando un’ideologia che nega il diritto alla scelta riproduttiva.
Le politiche di Meloni non solo attaccano i diritti sociali, ma stanno anche smantellando il sistema di welfare sociale. I tagli alla sanità e all’istruzione colpiscono in modo sproporzionato le persone emarginate, tra cui le donne e le persone queer, che sono già soggette a una doppia oppressione. Questi tagli riflettono una strategia di precarizzazione del lavoro che aumenta la vulnerabilità di queste categorie.
Politiche che vengono nascoste dai discorsi reazionari e populisti spesso rivolti contro la comunità queer che permettono così ancora di più una frantumazione e divisione dei settori più deboli contro un attacco compatto su scala internazionale da parte degli uomini più ricchi e potenti del mondo, come Trump ed Elon Musk.
Inoltre spesso il femminismo liberale ha sostenuto queste figure e ha spostato su un piano istituzionale e diviso i movimenti di lotta femministi nati sull’onda dell’indignazione per la violenza patriarcale, come è successo con il movimento internazionale Ni Una Menos. Ed oggi continua a creare frammentazione con posizioni transescludenti e il sostegno alle politiche genocide di Israele.
Il nostro impegno, come Il Pane e Le Rose infatti, è quello di cerca di rendere la lotta femminista un piano tangente delle lotte dove questo possa creare un canale di unità, che metta insieme donne, persone queer, lavoratrici e movimenti di opposizione alle politiche imperialiste. Perché siamo fermamente convinte che il movimento transfemminista debba prendere una posizione chiara sull’opposizione ai progetti di riarmo e rafforzamento del progetto imperialista UE, associato a un consolidamento di un’ideologia suprematista occidentale e islamofoba funzionale a dividere le lavoratrici su basi razziste e organizzarsi per poter fare da leva per costruire un’opposizione forte e internazionale.
Contro la precarizzazione dell’Università per luoghi del sapere sicuri
La riforma Bernini, promossa dal Ministero dell’Università e della Ricerca, ha ulteriormente precarizzato il sistema universitario italiano. Questa riforma introduce nuove figure contrattuali precarie, come il contratto post-doc e il professore aggiunto, senza definire compiti e retribuzione chiari. Circa il 40% del personale universitario è costituito da figure precarie, lasciando la maggior parte in un limbo di precarietà. Questo scenario si inserisce in un quadro più ampio di riduzione delle risorse pubbliche per l’istruzione terziaria, che già nel 2022 era solo dello 0,3% del PIL. La precarizzazione del mondo accademico congiuntamente alla sua femminilizzazione, pone molti problemi sulle relazioni di potere, quando già attualmente il baronato universitario è caratterizzato da atteggiamenti violenti e molesti, con la precarizzazione delle posizioni dell3 ricercator3, le donne sarebbero ancor di più in una posizione di debolezza di fronte ad eventuali abusi, certe che di fronte ad una denuncia non ci sarebbero strumenti per continuare il proprio lavoro di ricerca successivamente, anche con un’eventuale condanna. Anche per questo come Il Pane e Le Rose interveniamo all’interno del percorso nazionale di assemblee.
Inoltre, i processi di precarizzazione rendendoci più ricattabili portano a mettere al servizio anche la propria ricerca verso settori conformi agli interessi dominanti andando così a togliere spazio a conoscenze a servizio dell3 lavorator3 e delle diverse soggettività – pensiamo a questo quanto possa essere pericoloso per ambienti come quelli medici.
La precarizzazione,inoltre, caratterizza il mondo lavorativo femminilizzato, in quanto si continua a schiacciare sulle donne il lavoro di cura di bambini e anziani ed in situazioni di tagli, come quelli che sta attuando il governo meloni a favore dell’investimento in armi, questa posizione si aggrava in quanto si aggiunge la privatizzazione dei servizi che impedisce a molte famiglie di accedervi. Così anche il mondo accademico si sta accomodando a questa prospettiva per riprodurre la dinamica per cui le donne che ci lavorano, pur lavorando a parità di ore di un uomo sanno comunque maggiormente sfruttate e con maggiore difficoltà ad acquisire posizioni di rilievo che in questi contesti significa anche garantirsi un futuro più stabile.
La riforma 1660 proposta dal governo, con l’obiettivo di avere gli strumenti repressivi pronti nel momento in cui il conflitto si inasprirà, colpisce duramente la posizione delle studentesse e student3 che attraverso l’università anche per dare battaglie sulle politiche transfemministe, in quanto anche per questi temi si potrà essere tacciati di azioni violente e messe sotto sorveglianza.
E’ evidente che denunciare violenze sarà ancora più difficile nei, già complessi, luoghi di studio.
L’unità delle lotte è la strada per le politiche transfemministe
Nonostante in questo contesto di attacco non si è visto il fiorire di crescenti mobilitazioni dei lavoratori e delle lavoratrici, abbiamo partecipato a momenti di forte mobilitazione che si muovevano per la solidarietà con il popolo palestinese o contro le manovre securitarie del govenro. Lo sciopero del 29 novembre della CGIL e UIL, insieme a piccoli processi di auto-organizzazione dei lavoratori della manutenzione ferroviaria, metalmeccanici e logistica, come la mobilitazione nazionale del 5 ottobre contro il genocidio in atto a Gaza, mostrano segnali di resistenza contro l’austerità e la militarizzazione.
Questi sono gli esempi da conquistare e fare nostri e dove intervenire come movimento transfemminista.
In questo contesto, il movimento Non Una Di Meno a livello nazionale ha avuto grandi difficoltà a unirsi in un fronte comune per sostenere i diritti democratici fondamentali e contrastare le politiche del governo. È fondamentale costruire alleanze che si oppongano a queste politiche, promuovendo una prospettiva rivoluzionaria e anticapitalista che metta al centro l’emancipazione delle donne e delle persone queer con le lavoratrici e l3 lavorator3, con le studentesse e l3 student3 frontalmente colpiti dalle politiche di austerità e reazionarie di questo governo.
Per un 8 Marzo di lotta contro il riarmo e l’imperialismo
È cruciale collegare la lotta tranfemminista in Italia alla lotta globale contro l’imperialismo e le guerre, denunciando il ruolo dell’Italia nel sostenere politiche repressive e conflitti armati. L’aumento delle spese militari del 5% rispetto al 2023, mentre si riducono i fondi per l’università, evidenzia una priorità sulla militarizzazione per questo governo, ma in generale per un’europa pronta a investire nei suoi progetti imperialisti in medio oriente e Africa.
Questo 8 marzo, quindi è fondamentale lanciare un appello all’unità e alla lotta a partire da un’opposizione all’imperialismo in casa nostra con un posizionamento chiaro contro il governo Meloni, le sue politiche repressive e transfobiche. Ma che punti a sviluppare un movimento di lotta contro l’avanzata della destra a livello internazionale, dove la lotta transfemminista deve essere un elemento centrale e non un’aggiunta opzionale. Solo attraverso alleanze solide tra tutt3 l3 oppress3 e sfruttat3 possiamo avanzare verso un reale cambiamento nella nostra società. Una lotta che si costruisca con i sindacati per arrivare a un vero e proprio sciopero nazionale che dia la possibilità a tutte le donne e alle persone queer di unirsi e guidare la lotta.
Solo attraverso una prospettiva rivoluzionaria e anticapitalista possono migliorare le condizioni di vita delle donne e delle persone queer, e costruire una società più giusta e inclusiva. La lotta per i diritti delle donne e delle minoranze deve essere strettamente legata alla lotta contro lo sfruttamento capitalista e l’imperialismo. Solo attraverso un femminismo socialista e antimperialista possiamo affrontare le sfide del mondo contemporaneo e costruire un futuro migliore per tutti.
Il Pane e le Rose – Pan y Rosas Italia
[Leggi la dichiarazione internazionale di Pan y Rosas in occasione dello sciopero dell’8 marzo]
"Il pane e le rose" nasce nel 2019 e riunisce militanti della Frazione Internazionalista Rivoluzionaria (FIR) e indipendenti che aderiscono alla corrente femminista socialista internazionale "Pan y Rosas", presente in molti paesi in Europa e nelle Americhe